IL PUNTO

Un futuro migliore parte dal cibo.

Educazione alimentare perno di uno sviluppo ‘bio-logico’ cioè imperniato sulla vita, sulla biodiversità, sull’equità.

di Barbara Nappini

Il cibo diventa noi. Questa semplice considerazione dovrebbe bastare ad appassionarcene smisuratamente. Invece di ciò che ci nutre non sappiamo quasi nulla: non sappiamo dove e come viene coltivato, allevato e trasformato. Non sappiamo leggere le etichette, non conosciamo le sigle, con difficoltà rintracciamo la provenienza o il prezzo per unità di misura. Non abbiamo idea di chi siano e dove vivano i produttori e tutto quanto viene prima della vendita ci appare misterioso, lontano, finanche irrilevante.

In compenso sappiamo tutto dei nostri telefoni, delle app che scarichiamo, delle auto che acquistiamo, degli abiti, ma soprattutto dei marchi che li producono, che indossiamo. Il cibo ci interessa solo quando diventa status: quando attraverso la foto di un piatto o di una location possiamo narrare noi stesso e rappresentarci, o meglio, rappresentare la nostra capacità di spesa.

Questa banalizzazione del cibo si traduce in un processo che ci ha visto trasformare il pasto in “pausa pranzo”, che ci ha visto disimparare a cucinare, a gestire una dispensa, a fare la spesa. Ci ha visto perdere le competenze per curarci col cibo, per cucinare le erbe spontanee, per utilizzare ogni scarto di cucina e mettere a tavola, con poca spesa, ampi e sostanziosi menu. Una trasformazione culturale che ha cercato di spostare il valore del cibo dalla produzione alla trasformazione industriale, alla distribuzione e alla vendita. Ed è un processo che implica distanza tra cittadini e produttori, quindi tra città e campagna, implica spreco, implica sfruttamento e anche morte. È di pochi giorni fa la tremenda morte del giovane Satnam Singh, schiavo moderno per garantire prezzi bassi di vendita.

Ma quella morte e lo sfruttamento non sono anomalie: sono conseguenze di un sistema. E lo spreco, gli amici di Spreco Zero lo sanno bene, di un terzo del cibo prodotto a livello globale, non è un’anomalia: è conseguenza di un sistema. E la fame, quasi 800 milioni di persone che non hanno regolare accesso al cibo: è conseguenza di un sistema. E il degrado ambientale, la crisi climatica e lo sfruttamento scellerato delle risorse naturali necessarie alla nostra sopravvivenza, sono conseguenze di un sistema.

Noi crediamo nel diritto di tutti a una vita di pace e prosperità e al cibo che la nutre: pertanto crediamo che un futuro migliore lo si possa disegnare, nel presente, ribaltando un paradigma incardinato sul profitto, anche a partire dal cibo. Per questo da vent’anni portiamo gli orti dentro la scuola: per costruire un dialogo diretto con la terra, con la vita che la abita, e col cibo che essa genera grazie alla cura e al tempo. Lo scorso anno scolastico abbiamo coinvolto 35mila studenti in tutta Italia con un percorso dedicato agli sprechi, alla conservazione dei prodotti freschi e al recupero, e adesso intendiamo rendere gli orti pervasivo strumento di conoscenza, socialità e bellezza, realizzando orti di comunità negli ospedali, nelle case-famiglia, nelle carceri, nei quartieri interculturali, ecc. E ancora, abbiamo lanciato una campagna di raccolta firme per garantire a tutte le bambine e i bambini d’Italia l’insegnamento dell’educazione alimentare come materia curriculare: e sarà una bella educazione alimentare, che si occupa di produzione, di ambiente, del portato valoriale, culturale e identitario del cibo, che permetta di compiere scelte consapevoli e salubri per se stessi e per il Pianeta (https://appelloeducazionealimentare.it/appello)

Cambiare paradigma a partire dal cibo e adottarne uno “bio-logico”, cioé imperniato sulla vita, sulla biodiversità, sull’equità, rappresenta per noi il passaggio necessario per guardare il mondo con occhi nuovi e percepirci dentro la natura… Perché: “We are nature”, come recita il claim di Terra Madre Salone del Gusto 2024 (Parco Dora, Torino, 26-30 settembre: https://2024.terramadresalonedelgusto.com).

Barbara Nappini è presidente di Slow Food Italia

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