L’INTERVISTA-LONGANESI

«La sostenibilità è un valore strutturale e non negoziabile»

Il presidente di Natura Nuova, Gabriele Longanesi, parla delle strategie aziendali e confermo lo storico impegno a sostegno della Campagna Spreco Zero.

di Gianni Gnudi

Romagnolo, una laurea in economia e una gran passione per l’agricoltura, la frutta in primis. Gabriele Longanesi da oltre trent’anni è al vertice di Natura Nuova, azienda leader nella trasformazione di frutta fresca in puree 100% frutta. E da molti anni sostenitore della Campagna Spreco Zero. Impegno che lo ha portato anche al vertice del Cluster Agrifood dell’Emilia-Romagna.

Longanesi, è stato fra i primi imprenditori a sposare le iniziative anti-spreco. Quali sono i motivi che hanno guidato questa scelta e quelli che sostengono ancora oggi il vostro impegno nella Campagna Spreco Zero? 

Abbiamo aderito sin dall’inizio alla Campagna Spreco Zero, riconoscendoci pienamente in una visione comune orientata alla valorizzazione responsabile delle produzioni agricole. Questa scelta nasce dalla consapevolezza che ogni fase della filiera agroalimentare – dal rispetto del suolo alla raccolta, fino alla trasformazione industriale – debba essere gestita in modo etico, efficiente e sostenibile. Il nostro impegno si fonda su una cultura aziendale che vede nella sostenibilità un valore strutturale e non negoziabile. Crediamo fortemente che una gestione responsabile delle risorse naturali, insieme alla riduzione degli sprechi, rappresenti non solo un dovere verso l’ambiente e la società, ma anche una leva strategica per la competitività dell’impresa. 

In questo senso, il nostro purpose aziendale riflette una visione di filiera in cui ogni passaggio, dalla terra al prodotto finito, contribuisce a generare valore condiviso. Solo mantenendo elevati standard qualitativi e promuovendo pratiche virtuose lungo tutta la value chain, possiamo garantire un sistema alimentare equo, resiliente e orientato al futuro.

I quattro piloni del Cluster Agrifood 

Da tempo guida il Cluster Agrifood dell’Emilia-Romagna. Su cosa vi state muovendo, quali risultati sono stati raggiunti e quali sono gli obiettivi prioritari del prossimo futuro?  

Con grande entusiasmo ho accettato questa prestigiosa carica, che per me rappresenta non solo un riconoscimento personale, ma anche una straordinaria opportunità per contribuire attivamente allo sviluppo sostenibile e innovativo del settore agroalimentare in Emilia-Romagna. 

Il nostro obiettivo è moltiplicare le opportunità di sviluppo tecnologico e sostenibile attraverso una logica di cooperazione strutturata e orientata a risultati concreti. 

Il cuore dell’attività si articola attorno a quattro value chain, che rappresentano le aree tematiche prioritarie su cui si fonda la nostra azione tecnico-scientifica: 

  • SOSFARM: mira a integrare sostenibilità economica e ambientale nei processi produttivi agricoli, sviluppando strumenti e protocolli per sfruttare in modo intelligente la variabilità spazio-temporale delle coltivazioni. L’obiettivo è rendere l’agricoltura sempre più resiliente, efficiente e adattabile ai cambiamenti climatici e alle esigenze del mercato. 
  • PRIMPACK: si concentra sull’innovazione tecnologica e biotecnologica nei processi produttivi e negli impianti per l’industria alimentare. Particolare attenzione è dedicata alla sostenibilità del packaging, all’automazione, ai sistemi informativi e alla logistica, in una visione integrata di filiera. 
  • INQUAN: affronta la relazione tra alimentazione e salute, promuovendo la sicurezza e la qualità degli alimenti. Le attività riguardano anche la tracciabilità, l’autenticità e la sostenibilità dei prodotti, con l’obiettivo di rispondere in modo scientificamente solido alle nuove esigenze dei consumatori e della normativa. 
  • SPES: punta alla valorizzazione delle biomasse derivanti dal settore agroalimentare, dalle risorse forestali e marine e da colture alternative, con l’obiettivo di ottenere ingredienti e componenti ad alto valore aggiunto per l’agricoltura, l’industria alimentare, chimica, farmaceutica e del personal care. In quest’ottica, promuoviamo modelli di bioraffineria integrata per un’economia realmente circolare. 

Dopo aver consolidato le priorità a livello regionale ed europeo, stiamo ora lavorando attivamente nei gruppi di lavoro tematici, che si configurano come vere e proprie piattaforme collaborative per la condivisione di soluzioni e strategie avanzate. 

Il nostro impegno per il prossimo futuro è quello di rafforzare il ruolo del Clust-ER come facilitatore di progetti strategici e come catalizzatore di nuove sinergie tra ricerca, industria e territorio, mettendo sempre al centro la qualità, la sostenibilità e la competitività del nostro sistema agroalimentare.

Spreco, problemi ma anche dati incoraggianti 

Ha seguito la presentazione a Roma dell’ultimo Rapporto dell’Osservatorio Waste Watcher. Lo spreco non molla la presa e torna ad aumentare. Dal suo ‘osservatorio’ come se lo spiega? 

Sicuramente si tratta di un dato che merita attenzione, ma credo sia importante analizzarlo nel suo complesso e valorizzare anche gli aspetti positivi emersi dal rapporto. L’Osservatorio evidenzia, infatti, un’evoluzione positiva nei comportamenti quotidiani dei cittadini, che dimostrano una crescente consapevolezza nei confronti del tema dello spreco alimentare. 

Sono aumentati gli indicatori legati alle buone pratiche domestiche: sempre più persone si assicurano di consumare per tempo gli alimenti a rischio di deterioramento, ricorrono con maggiore frequenza al congelamento dei cibi, oppure – nel caso di prodotti appena scaduti – ne valutano l’effettiva commestibilità prima di gettarli. È un segnale importante, che denota un miglioramento nella capacità di interpretare correttamente le date di scadenza, comprendendo che si tratta di indicazioni raccomandate e non sempre perentorie. 

Un altro dato incoraggiante riguarda il mondo del consumo OOH, dove si registra una diffusione crescente della doggy bag. Una pratica che, fino a poco tempo, fa veniva percepita come poco elegante, oggi viene invece riconosciuta come un gesto virtuoso e responsabile.  

Tutti questi elementi testimoniano che l’impegno collettivo nella sensibilizzazione sul tema dello spreco alimentare sta dando i suoi frutti. Informare i cittadini, fornire strumenti pratici, diffondere una cultura del consumo consapevole: sono attività che stanno contribuendo a un cambiamento concreto. 

Naturalmente, non dobbiamo ignorare le criticità. Una delle principali barriere all’adozione di comportamenti antispreco resta la disattenzione: quasi un cittadino su tre dichiara di sprecare perché semplicemente “non ci pensa” o “se ne dimentica”. Questo ci indica che il prossimo passo deve essere quello di integrare maggiormente questi comportamenti nella quotidianità, rendendoli automatici e naturali. 

Infine, è utile contestualizzare il dato dell’aumento dello spreco con la serie storica proposta che parte dal 2021, periodo di piena emergenza pandemica, durante il quale le restrizioni alla mobilità e la maggiore permanenza in casa avevano incentivato molte persone a sperimentare nuove pratiche domestiche per il riutilizzo degli scarti. L’aumento dello spreco attuale va quindi letto anche alla luce del ritorno a ritmi di vita più frenetici, che rischiano di far passare in secondo piano la cura nella gestione del cibo. 

Il quadro che emerge è complesso ma non privo di segnali incoraggianti: le abitudini stanno cambiando, e sta a tutti noi – istituzioni, imprese, cittadini – continuare a promuovere un approccio sostenibile e responsabile.

Dalla cultura del ‘riempire’ a quella del ‘nutrire’ 

Da imprenditore legato alla frutta, con una visione attenta e privilegiata, come vede cambiati i consumi? Quale può essere il modo migliore per valorizzare i prodotti ed evitare l’impoverimento alimentare? 

Negli ultimi decenni, abbiamo assistito a una trasformazione profonda dei consumi alimentari, influenzata da dinamiche demografiche, culturali e sociali sempre più complesse. Da imprenditore che da oltre trent’anni lavora a stretto contatto con la frutta e con i suoi valori nutrizionali, ho potuto osservare un graduale spostamento: da una cultura del “riempire” a una cultura del “nutrire”. 

Oggi i consumatori sono più consapevoli, attenti all’origine degli alimenti, alla loro composizione, ma anche sempre più esposti a scelte sbilanciate, dettate da modelli alimentari poveri di nutrienti e da un’offerta spesso standardizzata. In questo contesto, il rischio di un vero e proprio impoverimento alimentare è reale: non parliamo solo di mancanza di cibo, ma di mancanza di cibo sano, equilibrato e accessibile a tutti. 

In Natura Nuova, questo tema è parte fondante della nostra identità, al punto che è racchiuso nella nostra stessa ragione sociale: prendere ciò che la natura offre e trasformarlo, attraverso un solo passaggio tecnologico, in un alimento sano, semplice e immediatamente fruibile. 
La nostra visione si basa su un’innovazione gentile, che rispetta la materia prima, valorizza la filiera agricola e garantisce l’accessibilità a un’alimentazione nutriente, anche per le fasce più fragili della popolazione. 

Per affrontare i cambiamenti in atto, crediamo sia essenziale promuovere un modello industriale aperto all’innovazione, che sappia integrare nuovi processi, nuovi ingredienti ai nuovi modelli di consumo, mantenendo saldi i principi di sostenibilità e responsabilità sociale.  

L’aumento dell’aspettativa di vita, unito a un crescente bisogno di salute preventiva, ci impone di sviluppare prodotti funzionali, che siano non solo buoni e naturali, ma anche inclusivi e adatti a ogni età e condizione fisica. Per questo motivo lavoriamo costantemente sull’ottimizzazione dei processi e dei costi, per offrire prodotti accessibili senza compromettere la qualità o il profilo nutrizionale. 

Valorizzare i prodotti e contrastare l’impoverimento alimentare significa costruire una filiera agroalimentare in cui ogni passaggio – dalla scelta varietale alla tecnologia nella trasformazione, dal packaging all’informazione al cittadino – sia pensato per creare benessere diffuso, generare valore condiviso e promuovere un’alimentazione equa, consapevole e duratura.

L’impegno per il riutilizzo dei sottoprodotti 

Si parla, ormai a getto continuo, di sostenibilità ed economia circolare. Qual è la strategia di Natura Nuova in questo ambito? 

Ho cercato sin dalla fondazione di Natura Nuova di trasmettere ai miei collaboratori la convinzione che il successo di un’azienda non si misuri unicamente attraverso i risultati economici, ma anche attraverso la capacità di valorizzare le human capabilities e contribuire attivamente a un modello di sviluppo equo, inclusivo e sostenibile. Ogni decisione strategica viene presa tenendo conto dell’impatto ambientale, sociale ed economico, con un forte impegno nella tutela delle risorse naturali e nella responsabilità sociale d’impresa. In quest’ottica, abbiamo deciso di redigere il nostro primo bilancio di sostenibilità. Riteniamo infatti che la trasparenza e la rendicontazione volontaria siano strumenti fondamentali per stimolare una maggiore consapevolezza e accompagnare l’organizzazione in un percorso continuo di miglioramento, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. In ambito di economia circolare, Natura Nuova ha da tempo implementato un sistema efficace ed efficiente di riutilizzo dei sottoprodotti generati durante i processi produttivi, inizialmente destinati allo smaltimento. Questo approccio consente di ridurre sensibilmente l’impatto ambientale dell’azienda, trasformando ciò che prima era considerato e smaltito come rifiuto in nuove risorse, in un’ottica di rigenerazione e di responsabilità ambientale. Siamo inoltre costantemente impegnati nel monitoraggio degli sprechi interni di prodotto finito, spesso legati all’adozione di standard di marketing privati che, purtroppo, impediscono la vendita di prodotti perfettamente edibili. In questi casi, destiniamo tali prodotti ai banchi alimentari, contribuendo a contrastare la povertà alimentare nel pieno rispetto della dignità e della salute dei beneficiari. È importante, tuttavia, sottolineare come l’impegno verso la solidarietà alimentare debba sempre essere accompagnato da una forte attenzione alla sicurezza e all’idoneità nutrizionale del cibo donato. Le persone in stato di bisogno rappresentano una fascia fragile della popolazione e, in quanto tali, devono essere tutelate con la stessa cura e responsabilità riservate ai consumatori ordinari. Non è sufficiente “donare ciò che avanza”: occorre garantire che i pasti distribuiti siano compatibili con eventuali fragilità, intolleranze o patologie (come la celiachia o disturbi gastroesofagei), evitando il rischio che anche un alimento semplice, come una pasta al pomodoro, possa diventare potenzialmente dannoso.

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