L’INTERVISTA – MASCARINO 

«Sì all’educazione alimentare nelle scuole».

Il presidente nazionale di Federalimentare a 360 gradi: no alla discriminazione dello zucchero e alla distinzione fra cibi buoni e cattivi, impegno per l’economia circolare e la riduzione delle emissioni, sostegno al Ddl sulla ‘family bag’ e al nuovo progetto Wasteless.

di Gianni Gnudi

Tredici associazioni di categoria e 6.850 imprese impegnate a promuovere l’eccellenza alimentare del made in Italy. Sono i numeri di Federalimentare, la federazione nazionale che vale qualcosa come 200 miliardi di fatturato complessivo. E che, per il quadriennio 2023-2026 ha al proprio vertice Paolo Mascarino, Vicepresidente Affari Istituzionali del Gruppo Ferrero e già Vicepresidente di Federalimentare con delega alla Nutrizione, informazione al consumatore ed educazione alimentare. Mascarino che in questa intervista a Spreco Zero magazine fornisce la sua visione del settore, auspica l’ulteriore miglioramento dell’export alimentare e si impegna con iniziative precise nella lotta allo spreco alimentare.

L’industria alimentare è un comparto sano e in costante crescita, un alfiere del Made in Italy, come lei ha ricordato recentemente. Nel 2023 le esportazioni hanno registrato il valore record di 52 miliardi di euro, con una crescita del 7% rispetto al 2022. Dove si può arrivare? Solo dati positivi o c’è qualcosa da aggiustare?

L’agroalimentare Made in Italy rappresenta una delle sfaccettature più apprezzate del “bello, buono e ben fatto” italiano nel mondo. Lo possiamo notare ancora meglio se non ci accontentiamo di guardare il 2023, un anno particolarmente complesso per tutto il manifatturiero nazionale, in cui il nostro settore è comunque riuscito ad andare controcorrente, segnando due nuovi record: 193 miliardi di fatturato complessivo e 52 miliardi di export. Se prendiamo in esame un periodo più lungo, l’incremento del valore delle esportazioni è ancora più significativo, segnando +57,3% nel 2013-2023 e +148,5% nel 2003-2013: cioè, l’export si è raddoppiato in dieci anni. Una crescita impetuosa, che connota l’industria alimentare come uno dei best performer della nostra economia e che prosegue in maniera molto promettente anche nel 2024. Nel primo bimestre, la reattività del settore, con un aumento tendenziale a due cifre dell’export (+12,5%), rispetto al +0,9% parallelo dell’export complessivo del Paese, è eloquente.

Sebbene sia molto ambizioso, ci piace pensare di poter nuovamente raddoppiare l’export nei prossimi dieci anni. Per continuare in questa direzione, oltre a continuare a utilizzare tutte le materie prime italiane, occorre rendere sicure le importazioni di materie prime con modalità che stabilizzino i prezzi rispetto alle fluttuazioni dei mercati, e garantirsi una logistica di eccellenza orientata alle esportazioni. Questi sono i passi fondamentali.

Produzioni più green e consumo sostenibile. Come si stanno muovendo le imprese di Federalimentare?

L’industria alimentare italiana è molto attenta ai temi “green” per preservare l’ambiente attraverso l’utilizzo consapevole delle risorse e ridurre quanto più possibile l’impatto delle proprie attività. Economia circolare e riduzione costante delle emissioni di CO2 sono i capisaldi di un settore che, dati alla mano, ricicla il 73% degli imballi, superando il target Ue 2030 del 70%; produce il 25% delle emissioni CO2 nazionali, contro il 30% della media Ue e il 34% della media mondiale e utilizza efficacemente le risorse con il -50% di consumo di acqua in 30 anni e il -30% di energia consumata in 20 anni.

Sotto il profilo del consumo sostenibile,  l’industria si è data rigidi codici di autodisciplina promuovendo numerose iniziative a favore della riduzione degli sprechi, dalle etichette intelligenti con indicazioni di conservazione e di preparazione precise, che danno informazioni sugli errori da evitare e permettono di allungare la vita del prodotto, alle mono porzioni che consentono un uso più flessibile e quindi una riduzione di sprechi per il consumatore, senza dimenticare l’impegno per  il recupero delle eccedenze.

Poco più di un mese fa ha appoggiato la proposta di inserimento dell’educazione alimentare nelle scuole. Sostenendo la promozione della ‘dieta sana’ senza, per converso, parlare di ‘cibi sani’ e ‘cibi non sani’. Ce lo spieghi in poche parole

L’educazione a una sana alimentazione e ai corretti stili di vita è fondamentale per combattere l’obesità e le malattie non trasmissibili, e richiede un insegnamento scientificamente solido, corretto e costruttivo. Per questo, Federalimentare ha sposato totalmente la proposta del Ministro della Salute, Orazio Schillaci, d’intesa con il Ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, di introdurre nelle scuole lo studio dell’educazione alimentare, basato sui principi della dieta mediterranea.

Il rapporto tra nutrizione equilibrata e salute è naturalmente molto stretto. La prima regola da seguire è che nessuno alimento – eccezion fatta per allergie o intolleranze – dovrebbe essere escluso da una sana alimentazione che, come insegna la dieta mediterranea, deve essere ricca di alimenti, completa e varia. Dal punto di vista scientifico, è opinione prevalente fra esperti, tecnologi e nutrizionisti che non esistano cibi in sé buoni o cattivi. Esistono abitudini alimentari sbagliate e stili di vita non appropriati. Il giusto equilibrio nel gustare tutti gli alimenti, nelle giuste porzioni è la via più efficace per combattere il sovrappeso e l’obesità, partendo dal veicolare messaggi corretti grazie all’educazione alimentare abbinata a un’adeguata attività fisica.

Sugar tax, pericolo scampato. Ma (forse) solo per un anno. Cosa si può fare per non colpevolizzare eccessivamente lo zucchero?

Non ha alcun senso discriminare lo zucchero, poiché come ogni altro nutriente o ingrediente, se consumato nelle corrette porzioni svolge funzioni importanti per l’organismo: è quindi fondamentale informare il consumatore e educarlo alla corretta frequenza e dose di assunzione. Una tassa ingiusta come la Sugar Tax, oltre a essere una misura depressiva per l’industria alimentare e per l’economia del Paese, non avrebbe neanche aiutato a combattere l’obesità e le malattie non trasmissibili, così come eminenti medici, professori e studi scientifici hanno in più occasioni sostenuto e dimostrato. Questo rinvio, unito al progressivo arretramento del Nutriscore in Europa come evidenziato dalla rinuncia pochi giorni fa dell’etichetta a semaforo anche da parte del Portogallo, è una vittoria del buon senso e della scienza contro l’ideologia, a vantaggio dei consumatori, delle nostre eccellenze alimentari e delle imprese.

Siete da tempo vicini alla Campagna Spreco Zero e all’Osservatorio Waste Watcher. Quest’anno lo spreco alimentare è risalito nel nostro Paese: dal punto di vista dell’industria alimentare quali idee e progetti nuovi si potrebbero mettere in campo per invertire questo trend?

L’industria italiana ha un ruolo fondamentale nella lotta allo spreco alimentare. Oltre all’iniziativa di molte imprese italiane che donano le loro eccedenze, destinando quantità importanti e regolari alle Organizzazioni no profit, Federalimentare ha molto a cuore il tema. Negli anni ha partecipato a diverse iniziative in collaborazione con il Banco Alimentare, raccogliendo tonnellate di cibo e donandole alle strutture caritative nazionali. Oggi portiamo avanti anche diversi progetti europei che hanno questo focus. Ad esempio, si è concluso con successo il progetto Life-Food.Waste.StandUp che aveva l’obiettivo di sensibilizzare in materia di prevenzione degli sprechi alimentari e gestione delle eccedenze lungo la filiera, al fine di aumentarne il recupero e incrementare le donazioni.

Attualmente siamo impegnati nel piano Wasteless, che partendo da metodologie innovative per la misurazione e il monitoraggio delle perdite e degli sprechi alimentari, realizzerà un Toolbox rivolto a tutti gli stakeholder della catena del valore alimentare, per monitorare le perdite. Questo impegno, per quanto significativo, non è però ancora sufficiente per risolvere il problema. Oltre alle innovazioni per incrementare la circolarità dei processi di trasformazione e consumo, preservare la freschezza del cibo e allungare la shelf life, che vedono impegnate le imprese per migliorare di giorno in giorno i risultati importanti già acquisiti, occorre un’azione sinergica che coinvolga insieme ai privati, anche attori pubblici, Centri di ricerca, Università per lavorare uniti nella stessa direzione. In quest’ottica virtuosa, si pone il disegno di legge attualmente al vaglio della 9a Commissione permanente del Senato per sensibilizzare i consumatori all’adozione di condotte orientate alla riduzione dello spreco di cibo.  Il Ddl promuove l’uso della “family bag”, attraverso un logo da esporre in maniera evidente all’interno di ristoranti e locali per incentivare la pratica dell’asporto e introduce nel menu l’opzione ‘mezza porzione’ e ‘menu baby’ destinati ai bambini. Un’iniziativa che, se diventerà legge, porterà benefici ai consumatori, ai ristoratori e, soprattutto, all’ambiente.

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