L’OSSERVATORIO

Italia e spreco alimentare, i dati 2025 allontanano l’obiettivo Onu

Secondo l’ultima indagine dell’Osservatorio Waste Watcher International, il 2025 fa registrare un aumento del 9,11% dello spreco domestico rispetto allo stesso periodo del 2024.

di Luca Falasconi

Gli italiani stanno progressivamente allontanandosi dall’obiettivo fissato dall’ONU nel punto 12.3 degli SDGs, che prevede la riduzione del 50% dello spreco alimentare entro il 2030.

Secondo l’ultima indagine dell’Osservatorio Waste Watcher International, il 2025 fa registrare un aumento del 9,11% dello spreco domestico rispetto allo stesso periodo del 2024. Il dato settimanale individuale è passato da 566,3 grammi nel 2024 a 617,9 grammi nel 2025, con un incremento significativo dello spreco di verdure (+12%), insalate (+4%) e pane fresco (+5%).

Nord e Sud: cresce il divario

Uno degli aspetti più preoccupanti è il crescente divario tra Nord e Sud Italia. Mentre nelle regioni settentrionali lo spreco individuale settimanale si attesta su una media di 526,4 grammi, ovvero il 15% in meno rispetto alla media nazionale, al Sud si raggiungono i 713,8 grammi, un 16% in più rispetto alla media.

Questa differenza riflette anche le disparità economiche: una famiglia su sei nel Sud Italia vive in condizioni di povertà assoluta, mentre al Nord il dato scende a una su quattordici. A prima vista potrebbe sembrare un paradosso che nelle aree più povere si sprechi di più, ma questa apparente contraddizione trova una spiegazione logica. Le famiglie con redditi più bassi tendono ad acquistare prodotti meno costosi e di qualità inferiore, che spesso hanno una durata di conservazione più breve e si deteriorano più rapidamente, contribuendo così ad aumentare gli sprechi. Un fenomeno simile emerge anche analizzando il dato relativo alle classi sociali: il ceto popolare spreca il 26% in più rispetto alla media nazionale.

Comuni grandi e piccoli: le differenze

L’indagine ha inoltre evidenziato una polarizzazione geografica dello spreco alimentare. I comuni medi sprecano il 12% in più rispetto alla media nazionale, seguiti dai piccoli comuni (+5%). Al contrario, nei grandi centri urbani lo spreco è inferiore del 12% rispetto alla media.

Questo fenomeno può essere spiegato con una maggiore incidenza dei consumi fuori casa nei centri più grandi. Gli abitanti delle grandi città tendono a mangiare più spesso in ristoranti, mense e servizi di ristorazione collettiva, riducendo così le occasioni di preparazione domestica dei pasti e, di conseguenza, lo spreco alimentare casalingo. Un aspetto interessante da approfondire sarebbe proprio il livello di spreco nel settore della ristorazione, per comprendere se il minor spreco domestico venga compensato da uno spreco maggiore in altri contesti.

Le famiglie con figli sprecano meno

Un altro dato significativo riguarda le famiglie con figli, che registrano un livello di spreco inferiore alla media nazionale del 16%. Questo trend può essere attribuito alla maggiore attenzione nella gestione delle risorse alimentari, necessaria per ottimizzare il consumo all’interno di un nucleo familiare con più persone a carico.

Verso il 2030: l’urgenza di cambiare abitudini

Come evidenziato all’inizio, l’obiettivo dell’Onu di dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030 appare sempre più distante. Per questo, oggi più che mai, è fondamentale riflettere sulle nostre abitudini quotidiane, sia nel momento in cui facciamo la spesa, sia quando prepariamo i nostri pasti.

Tornare sulla giusta strada e ridurre gli sprechi del 50% è possibile, ma solo se adottiamo scelte più consapevoli e responsabili. L’SDG 12.3 ci pone una sfida importante: è tempo di raccoglierla e agire concretamente!

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