Spreco, quell’8% in più che non ti aspetti.
Nel 2024 lo spreco alimentare nelle famiglie italiane ha toccato i 29,5 chilogrammi. Nel 2023 erano 27,3. Si allontanano gli obiettivi del dimezzamento entro il 2030.
di Luca Falasconi
Il Report Italiano 2024 di Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability si è concentrato sul rilevamento e sull’analisi dell’impatto che il contesto economico mondiale ha avuto sul fenomeno dello spreco alimentare domestico e sulle abitudini di acquisto e consumo degli italiani. La crescente inflazione alimentare, le retribuzioni stagnanti, l’aumento del costo della vita, uniti alle instabilità geopolitiche causate dalle guerre in zone chiave per la produzione di materie prime, hanno creato un contesto intricato e complesso.
L’aumento dei prezzi ha spinto quindi i consumatori a essere più attenti nelle scelte di acquisto e a ridimensionare anche le proprie abitudini alimentari, sia in ottica quantitativa che qualitativa. L’evidente necessità di ridurre gli sprechi alimentari domestici si è quindi dovuta scontrare con la necessità di adattarsi al panorama economico in evoluzione sopra descritto.
In tale contesto l’Osservatorio ha rilevato che lo spreco alimentare nelle famiglie italiane nel 2024 ha fatto registrare un incremento dell’8% in termini quantitativi pro-capite annui, si è infatti passati a 29,5 Kg rispetto ai 27,3 Kg del 2023. Considerando che le statistiche nutrizionali ci dicono che mediamente ogni italiano consuma circa un Kg di cibo al giorno, è come se ogni anno ognuno di noi gettasse via cibo che avrebbe consumato in 30 giorni. In pratica gli italiani ogni anno acquistano cibo che potrebbero consumare in 13 mesi, quello dei primi 12 mesi lo consumano e quello del 13° mese lo gettano via (è come gettare nel bidone della spazzatura la tredicesima mensilità…).
I dati emersi ci confermano che anche quest’anno i cibi più sprecati sono frutta fresca, insalate, pane fresco, patate, in definitiva i cibi più deperibili da un lato, ma anche quelli che hanno subito una minore contrazione negli acquisti. Questi ultimi dati pongono in evidenza come una buona fetta della nostra dieta mediterranea finisce nel bidone della spazzatura.
Dal Rapporto 2024 emerge il rafforzamento di un trend già rilevato nel 2023. Le variabili condizioni economiche globali e soprattutto la contrazione del potere d’acquisto spingono i consumatori ad acquistare prodotti alimentari di qualità inferiore, quindi più inclini a un veloce deperimento. L’analisi geografica e reddituale ci mostra come il Mezzogiorno d’Italia sia anche quest’anno al primo posto per spreco (+4% rispetto alla media nazionale), sebbene la forbice con le altre regioni si sia contratta, mettendo in evidenza come vi sia sempre più un’uniformità crescente nelle quantità di spreco pro capite in tutto il Paese. Passando agli aspetti reddituali l’indagine ci mette inoltre in evidenza come il ceto medio basso (+7% rispetto alla media nazionale, 605,9 g settimanali) e il ceto popolare (+17% rispetto alla media nazionale, 662,6 g settimanali) siano le fasce di popolazione che più delle altre sprecano.
I prodotti più sprecati in quest’ultima categoria registrano aumenti significativi rispetto alla media nazionale, tra cui insalate (+25%), salse (+24%), pizza (+24%) e pasta cruda (+21%). Quello che potrebbe sembrare un paradosso lo si può spiegare con il fatto che acquisti alimentari di più bassa qualità, legati a una riduzione del budget a disposizione per la spesa alimentare, comportano sprechi maggiori (quindi non solo queste fasce reddituali mangiano peggio ma sprecano anche di più).
Con questi significativi numeri l’auspicato obiettivo 12.3 dell’Agenda 2030, cioè il dimezzamento dello spreco alimentare entro 2030, si è oggettivamente allontanato.