L’OSSERVATORIO WASTE WATCHER

L’identikit delle famiglie ‘sprecone’.

L’ultima indagine ha permesso di profilare l’identikit delle famiglie italiane: Nord più virtuoso del Sud.

Luca Falasconi

L’ultima indagine condotta dall’Osservatorio Internazionale Waste Watcher, ha permesso di profilare l’identikit delle famiglie italiane in merito al fenomeno dello spreco alimentare.

Il quadro che ne è scaturito ha permesso di confermare alcuni trend già evidenziati nelle precedenti rilevazioni e ne ha fatti emergere di nuovi, piuttosto interessanti.

É stato confermato che mediamente le famiglie residenti al Nord del paese sprecano meno rispetto alla media nazionale, un 11% in meno che fa attestare il loro livello di spreco a 534,1 g a famiglia a settimana. Questo dato può trovare spiegazione in una cultura più attenta alla gestione domestica delle risorse da parte di queste famiglie, e una tradizione di parsimonia consolidata nel tempo.In queste regioni, il senso di efficienza e organizzazione, ereditato da una mentalità industriale e da un’economia orientata alla precisione, potrebbe influenzare abitudini più oculate nella gestione del cibo.

Al contrario, il Centro e il Sud Italia registrano quantità di spreco superiori alla media un +9%facendo registrare 744 g di spreco settimanale a famiglia per il Centro e 747,5 g a settimana a famiglia per il Sud Italia. Questo andamento può essere attribuito a una cultura alimentare basata suabbondanza e condivisione, ma anche sulla preparazione di piatti ricchi che portano spesso a uneccesso di cibo. Inoltre, nel Sud, la forte presenza di tradizioni familiari radicate, come pranzi estesie grandi quantità di cibo servito in occasioni conviviali, può aumentare la probabilità di eccedenze alimentari.

Interessante ciò che emerge andando ad aumentare e diversificare il numero di variabili che possono caratterizzare le famiglie. Ciò permette di mettere in evidenza come le famiglie che vivono in comuni di medie e grandi dimensioni e che non hanno figli sprecano di più rispetto alla media nazionale, rispettivamente un 17% in più (per chi vive in comuni medi) e un 6% in più (per le famiglie senza figli). Questo potrebbe essere collegato a stili di vita meno strutturati e a un maggiore potere d’acquisto.

Le famiglie senza figli potrebbero essere meno organizzate nella pianificazione dei pasti, comprando di più rispetto a quanto effettivamente consumano. Viceversa, dall’indagine emerge, e questa è una novità rispetto al passato, la presenza di figli sembra favorire una gestione più attenta delle risorse alimentari, forse dovuta alla necessità di fare acquisti più pianificati o di evitare sprechi per motivi economici o di responsabilità verso i bambini, tant’è che queste famiglie fanno registrare uno spreco inferiore del 17% rispetto a quello medio nazionale.

Anche le famiglie che vivono in comuni di piccole dimensioni sembrano essere più attente allo spreco alimentare, questo potrebbe essere legato al fatto della loro minore propensione a consumare pasti fuori casa e quindi ciò potrebbe portare ad una più attenta gestione del cibo all’interno delle mura domestiche.

Le indicazioni che emergono sui differenti profili delle famiglie e i loro differenti livelli di spreco possono essere molto utili per riuscire a definire campagne di sensibilizzazione più ‘targetizzate’ capaci di fornire indicazioni ed esortazioni capaci di cogliere meglio le diverse sensibilità edesigenze delle differenti tipologie di famiglie.

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