La Dieta mediterranea come patrimonio nazionale e familiare, i commenti all’indagine. 

Prof Segrè

«La perdita di un Patrimonio culturale e alimentare, qual è la Dieta mediterranea, sarebbe un danno gravissimo per le future generazioni – spiega l’economista Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero e Direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International –  Il contrasto all’impoverimento alimentare dei ceti socio-economici meno abbienti e di una parte delle giovani generazioni è la sfida che abbiamo davanti per promuovere stili alimentari sani e sostenibili Sono questi i temi anche dell’altra indagine pubblicata in queste settimane per Baldini+Castoldi, “La spesa nel carrello degli altri” (Segrè – Pertot).

L’indice di povertà assoluta nell’ultimo anno è passato in Italia dal 7,7 all’8,5% della popolazione e tocca ben 5,7 milioni di cittadini. Un dato che genera nelle famiglie meno abbienti una riduzione del 2,5% nella spesa reale (ISTAT), così le persone più vulnerabli sono spesso costrette a consumare solo alimenti di base o prodotti a buon mercato, spesso malsani. Garantire lo “ius cibi”, il diretto di tutti ad una alimentazione sana e sostenibile, significa oggi prevedere un serio investimento per ridurre le spese sanitarie derivanti dalle malattie causate da un’alimentazione scorretta. Investimento utile anche per riorientare le scelte alimentari dei soggetti afflitti dall’obesità che fanno registrare le più forti percentuali di scostamento dalla dieta mediterranea. Anche gli impatti negativi sulla salute e l’ambiente, in prospettiva, peggioreranno ulteriormente se non si interviene promuovendo un’azione capillare di educazione alimentare nelle scuole e interventi strutturali per contrastare la povertà alimentare adottando a livello locale politiche adeguate».  E conferma il coordinatore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International, Luca Falasconi: «se i poveri alimentari non hanno accesso a diete alimentari di valore nutrizionale adeguato, i giovani sembrano divisi in due fazioni che corrono su binari paralleli. In uno abbiamo coloro che hanno perso la percezione del valore del cibo e degli effetti della dieta su ambiente e salute, sull’altro abbiamo i giovani che abbracciano i valori della dieta sostenibile sia per la propria salute che per quella dell’ambiente. 

Per affrontare tutte le percezioni infondate, è fondamentale investire nell’educazione alimentare, chiarendo che la Dieta Mediterranea non solo è accessibile ma anche sostenibile. È cruciale fornire informazioni chiare e pratiche su come comporre pasti sani e sostenibili, per attrarre le nuove generazioni e rendere la Dieta Mediterranea un’opzione allettante. Ed è essenziale promuovere un punto d’incontro e uno scambio intergenerazionale. Gli anziani, custodi di tradizioni culinarie preziose, possono insegnare ai giovani l’importanza di un’alimentazione sana e delle pratiche gastronomiche tradizionali. Creare spazi di interazione – come laboratori di cucina ed eventi di mercato locale – può rafforzare il legame tra le generazioni, valorizzando sia l’eredità culinaria che l’innovazione gastronomica. Nell’auspicio che il 23% “illuminato” degli under 25 che pratica la Dieta Mediterranea possa contaminare i restanti tre quarti con uno stile di vita che include competenze, conoscenze, rituali, simboli e tradizioni, benefici sia per la propria salute che per quella dell’ambiente». 

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