Il ritorno alla vita sociale, nella convivenza con il virus, ci ha resi meno attenti nella gestione e fruizione del cibo. Si interrompe cosi’ un trend partito nel 2019: lo spreco del rapporto 2022 (riferito al 2021) è di 595,3 grammi pro capite a settimana, ovvero 30,956 kg annui: nel rapporto 2021 (riferito al 2020) erano ca 529 grammi settimanali. Il dato si accentua a sud (+ 18%), per i nuclei familiari senza figli (+ 12%) e nei centri urbani sotto 100mila abitanti, meglio nelle metropoli che sprecano -10% della media. Vale complessivamente 7,37 miliardi € lo spreco del cibo nelle nostre case: una cifra vertiginosa (il doppio della cifra stanziata per contrastare il caro energia), che corrisponde a 1.866.000 tonnellate di cibo sprecate annualmente. sommata allo spreco di filiera (produzione/distribuzione) arriviamo a quasi 10 miliardi e mezzo: l’investimento dell’ultima manovra per le infrastrutture italiane. effetto pandemia anche sullo sviluppo sostenibile: lo rilevano 6 italiani su 10 (59%) a causa dell’aumento dei rifiuti (plastiche, mascherine ecc) e dello shopping online, ma anche per la diminuzione del ricorso al trasporto pubblico.
Risale la freccia dello spreco alimentare domestico: lo attesta il Rapporto “Il caso Italia” 2022 di Waste Watcher International (riferito al 2021), diffuso questa mattina a Roma, nello Spazio Europa, in occasione della 9^ Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, per iniziativa della campagna Spreco Zero di Last Minute Market e dell’Università di Bologna, su monitoraggio Ipsos.
I nuovi dati, introdotti dal fondatore della campagna Spreco Zero – l’agroeconomista Andrea Segrè – ci dicono che gettiamo in media 595,3 grammi pro capite a settimana, ovvero 30,956 kg annui: ca il 15% in piu’ del 2021 (529 grammi settimanali). Il ritorno alla vita sociale, nella convivenza con il virus, ci rende probabilmente meno attenti nella gestione e fruizione del cibo, un dato che si accentua a sud (+ 18% di spreco rispetto alla media nazionale) e per le famiglie senza figli (+ 12% rispetto alla media italiana). Vale complessivamente 7,37 miliardi € lo spreco del cibo nelle nostre case: una cifra vertiginosa, ovvero il doppio di quanto ha stanziato il Governo per sostenere il contrasto al caro energia, e corrisponde allo sperpero annuale di 1.866.000 tonnellate di cibo, solo nelle nostre case. Se includiamo anche lo spreco alimentare di filiera – produzione / distribuzione / commercio – che pesa 5.164.928 tonnellate, arriviamo a uno spreco nazionale di cibo del valore di € 10.444.931.606, quasi 10 miliardi e mezzo, il valore dell’investimento dell’ultima manovra per le infrastrutture italiane (dati Dipartimento Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna su rilevazioni Istat / Waste Watcher per campagna Spreco Zero).
L’indagine 2022 Waste Watcher spiega che nella hit degli alimenti più spesso sprecati svetta la frutta fresca (27%), seguita da cipolle aglio e tuberi (17%), pane fresco (16%), verdure (16%) e insalata (15%). Ma qual è la prima conseguenza dello spreco alimentare, secondo i consumatori italiani? Al top lo spreco di denaro, vissuto come aspetto più grave da oltre 8 italiani su 10 (83%). La gestione oculata del cibo va quindi di pari passo con quella del bilancio familiare, ma si riflette anche sull’effetto diseducativo per i giovani (83%), sull’immoralità intrinseca dello spreco alimentare (80%) e delle risorse (78%) e sull’inquinamento ambientale (76%).
LA PANDEMIA HA PEGGIORATO LE CONDIZIONI DELL’AMBIENTE: PIU’ RIFIUTI, MENO TRASPORTO PUBBLICO. E GLI ITALIANI SE NE SONO ACCORTI: I DATI WASTE WATCHER
La preoccupazione economica per lo spreco alimentare diventa preoccupazione ambientale osservando l’effetto pandemia sulle nostre vite: ben 6 italiani su 10 (59%) valutano che la situazione generale sia peggiorata in ragione del virus. Il 52% sostiene a causa dell’aumento dei rifiuti (plastiche, mascherine ecc), ma pesano anche lo shopping online (40%), la diminuzione del ricorso al trasporto pubblico (35%) e il delivery (33%). Una consapevolezza che trova riscontro nei dati oggettivi: ben 8 milioni di tonnellate di plastica, tra mascherine, guanti e altri prodotti legati alla gestione del Covid-19, sono stati riversati nell’ambiente in un solo anno di pandemia e, di queste, almeno 25 mila tonnellate sono finite negli oceani (dati Università di Nanchino/Università di San Diego 2021). E inoltre l’Istat ha calcolato che rispetto ai primi due mesi del 2020 l’uso del trasporto pubblico per recarsi a lavoro o a lezioni è calato del 4,7%, mentre quello dell’automobile è cresciuto del 5,3% come guidatore e dello 0,7% come passeggero. Per questo gli italiani si dichiarano disposti a mettere in atto alcune varie buone pratiche: innanzitutto la raccolta differenziata (92%), quindi la prevenzione dello spreco alimentare (91%), e la riduzione dell’acquisto di prodotti con imballaggi in plastica (90%).
PERCHE’ SPRECHIAMO, E COSA CI AIUTA A MIGLIORARE?
Perché sprechiamo nelle nostre case? Un italiano su 2 (47%) ammette di scordare spesso il cibo acquistato, il 46% sostiene che il cibo era reduce dal frigorifero dei negozi e a casa è deperito in fretta. Un italiano su 3 (30%) confessa di calcolare male le quantità di cibo che servono in casa, ma anche (33%) di essere preoccupato di non avere abbastanza cibo a casa, quindi di esagerare negli acquisti. I dati Waste Watcher dimostrano quindi che ci sono ampi margini di miglioramento nelle fasi di acquisto e gestione del cibo, nell’ottica di prevenire lo sperpero domestico degli alimenti.
Per contrastare il fenomeno le famiglie italiane chiedono: innanzitutto di potenziare l‘educazione alimentare, a partire dai banchi di scuola. Una richiesta che da anni è al top dei provvedimenti invocati dagli italiani, anche nel 2022 ben 9 su 10 (89%) ritengono che questa misura sia la più utile per arginare lo spreco del cibo. Ulteriori misure di sensibilizzazione 4 italiani su 5 (83%) chiedono di migliorare le indicazioni sulle etichette, il 72% prospetta confezioni più piccole, e cresce la percentuale di chi immagina di applicare tassazioni sulla base di una sorta di ‘sprecometro’: un’ipotesi che raccoglie il 54% del consenso. A livello di acquisto, le strategie messe in atto per la prevenzione dello spreco vedono in testa la programmazione di spese più frequenti per alimenti freschi, una modalità che adottano 4 italiani su 6 (41%), mentre il 36% sceglie di organizzare la distribuzione del cibo nel frigo e nella dispensa per data di scadenza e 1 italiano su 3 (34%) si presenta al supermercato con la lista della spesa. Infine, in chiave di consumo l’86% degli italiani previene lo spreco partendo dal cibo più deperibile, e valutando le quantità prima di cucinare. E l’85% testa personalmente gli alimenti scaduti da poco, prima di gettare il cibo.
L’ITALIA RESTA PERO’ LA PIU’ VIRTUOSA NEL “G8” DELLO SPRECO
«La tendenza a una diminuzione dello spreco alimentare domestico, che a livello nazionale e globale gioca la parte del leone con un’incidenza del 60-70% sulla filiera campo-tavola, ha interrotto sensibilmente il suo slancio positivo con il ritorno alla vita sociale, sia pure in distanziamento e nella delicata convivenza con il virus – spiega l’agroeconomista Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero e della Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare – Una battuta di arresto che si spiega in parte per la ripresa del consumo extra-domestico, pur con tutte le limitazioni del caso e in parte per la difficoltà generale delle condizioni di vita dell’ultimo anno e il disorientamento generato da una pandemia che stenta ad allentarsi. L’Italia resta comunque la nazione più virtuosa nel “G8” dello spreco, che vede i russi a quota 672 grammi settimanali, gli spagnoli a 836 grammi e quindi i cittadini inglesi con 949 g, i tedeschi con 1081 g, i canadesi con 1144 g, sono i cinesi con 1153 grammi e in fondo i cittadini statunitensi che ‘auto-denunciano’ lo spreco di 1453 grammi di cibo settimanali. Tuttavia guardando anche alla tipologia dei prodotti che sprechiamo – frutta, verdura, pane… – è evidente che dobbiamo fare ancora molta strada per ridurre lo spreco e migliorare la nostra dieta alimentare. La via maestra resta dunque quella di una svolta culturale che sostenga l’adozione e la replica delle buone pratiche nel nostro quotidiano, dall’acquisto del cibo alla sua gestione e fruizione. Per questo rilanciamo la proposta di mettere al centro dei programmi di educazione civica, nelle scuole, i temi dell’educazione alimentare e ambientale».
“STANCHEZZA TECNOLOGICA”, NELLA PREVENZIONE DEGLI SPRECHI PREVALE LA TRADIZIONE.
«I dati 2022 – sottolinea Luca Falasconi, coordinatore del Rapporto Waste Watcher “Il caso Italia” e docente all’Università di Bologna – evidenziano che in questa fase di “uscita” dalla pandemia gli italiani hanno ripreso a porre un po’ meno attenzione al cibo, visto che lo spreco è leggermente aumentato, e che sono consapevoli che i due anni del virus hanno manifestato sull’ambiente più effetti negativi che positivi. Ma vorrei porre l’accento anche su un altro aspetto che chiamerei “stanchezza tecnologica”: nella lotta agli sprechi, l’utilizzo delle App e di dispositivi di supporto agli elettrodomestici e dispense di casa, non è ancora visto a larga maggioranza come strumento di riferimento nella lotta allo spreco. Meno del 10% dichiara di utilizzarli o di considerarli strumenti utili nella gestione antispreco del cibo. Si prediligono i consolidati strumenti di economia domestica. Oserei dire, la rivincita della tradizione sulla tecnologia …». Aggiunge il Direttore scientifico Ipsos Enzo Risso: «cresce la consapevolezza nei cittadini degli impatti negativi sull’ambiente generati dalla pandemia. Se nel 2021 la maggioranza degli italiani (51%) sottolineava il possibile impatto positivo a causa della riduzione degli spostamenti e della tendenza verso acquisti più oculati e conseguente riduzione sprechi per risparmiare, quest’anno il quadro si è ribaltato. la netta maggioranza delle persone, il 59% (ben 10 punti in più rispetto all’anno scorso), sottolinea l’impatto ambientale negativo della pandemia. A determinare questo effetto pernicioso sono: l’aumento dei rifiuti causato dall’uso di mascherine e guanti; la crescita dello shopping online (più spostamenti di corrieri, più imballaggi…); la lievitazione della domanda energetica delle famiglie e dall’implementazione di inquinamento e rifiuti dovuti al take away e al delivery. Le famiglie italiane stanno cercando di adottare alcuni accorgimenti sia sul fronte delle strategie di acquisto – come ad esempio l’acquisto periodico prodotti a lunga scadenza e quello frequente per i prodotti freschi (41%) , sia su quello delle strategie di uso dei prodotti, come quella di cercare di consumare per primi i prodotti deperibili (86%)».
PACK: UN ALLEATO NELLA PREVENZIONE DELLO SPRECO ALIMENTARE, I DATI
«La consapevolezza dei consumatori sul ruolo dell’imballaggio nella lotta allo spreco sembra crescere – dichiara il presidente CONAI Luca Ruini – Quasi un italiano su due oggi si dichiara disposto a pagare fino al 5% in più per un pack capace di conservare più a lungo un prodotto alimentare. La buona notizia è anche che un italiano su quattro dichiara di cercare informazioni sui materiali di cui l’imballaggio è composto e sul suo conferimento in raccolta differenziata: segno di una crescente attenzione alla sostenibilità».
I DATI INTERNAZIONALI: CROSS COUNTRY REPORT, IL G8 DELLO SPRECO DI WASTE WATCHER
L’indagine internazionale è stata condotta da Waste Watcher in 8 Paesi del mondo – Cina, Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Canada, Germania, Spagna e Italia – con campione statistico di 8mila interviste. Waste Watcher ha affrontato con attenzione le strategie antispreco messe in atto dai consumatori del pianeta. A sorpresa, sulla tecnologia vince ancora la lista della spesa, insieme ad altri accorgimenti della vecchia economia domestica: dagli Stati Uniti alla Russia, passando per Canada, Italia, Spagna e Germania, il ricorso alle app salvacibo –alert sul proprio cibo in scadenza ai dispositivi di scambio o acquisto degli alimenti invenduti – resta abitudine ristretta a non piu’ del 9% della popolazione. Per l’esattezza dal 3 al 7% in Italia, dal 4 al 9% in Spagna, dal 5 al 7% nel Regno Unito e in Canada, fino al 9% negli Stati Uniti e non più del 5% in Russia. Mentre sono i cinesi i più tecnologici del pianeta, in tema di prevenzione dello spreco alimentare: fino al 17% utilizzano app dedicate, in particolare per monitorare il cibo conservato a casa )17%), ma anche per catturare l’invenduto di negozi e ristoranti.
«È un po’ la rivincita dell’intelligenza “alimentare” dei consumatori – osserva l’agroeconomista Andrea Segrè, fondatore del movimento e della campagna Spreco Zero – su quella “artificiale”, o meglio tecnologica. Che resta pur sempre una risorsa preziosa, ma se utilizzata meccanicamente non stimola l’impegno attivo del consumatore in chiave di prevenzione. Le soluzioni più rapide ed efficaci arrivano ancora dall’esperienza dell’economia domestica».
Fra le strategie antispreco nelle case prevale ancora il buon senso: se la classica lista della spesa viaggia oltre il 70% quasi ovunque – dall’Europa al Canada agli Stati Uniti, un po’ peggio in Cina dove la utilizza solo 1 consumatore su 2 (49%) e in Russia solo il 54% – si privilegia l’attenzione a verificare e consumare prima i cibi a ridosso di scadenza (4 consumatori su 5 un po’ ovunque), si pratica spesso il check di frigo, freezer e dispensa per avere la situazione sotto controllo – fra 7 e 8 cittadini su 10 ad ogni latitudine del pianeta – e ci si accerta di aver disposto in evidenza il cibo a ridosso di scadenza, attività che russi e spagnoli eseguono con grande attenzione (84% dei casi) ma anche gli italiani e gli inglesi (79%). È pratica diffusa nei Paesi europei e anglofoni l’assaggio del cibo appena scaduto, per accertarsi se sia ancora consumabile prima di gettarlo: ammettono di farlo soprattutto spagnoli, inglesi, tedeschi e canadesi (oltre 4 cittadini su 5), a ruota seguono Italia e Stati Uniti, meno convinti di questa pratica i cinesi, solo 1 cittadino su 2. Fra le strategie di approvvigionamento del cibo una linea comune sembra quella di privilegiare confezioni di piccolo formato: in media lo fanno 4 consumatori su 10 ad ogni latitudine. E al ristorante, come ci comportiamo? Gli italiani e in generale i cittadini europei sembrano piuttosto timidi e impacciati, la ‘doggy’ o meglio ‘family’ bag è richiesta in media da 4 avventori su 10 che non riescono a consumare il pasto. Un’abitudine che sembra invece consolidata negli Stati Uniti, dove la family bag è prassi per 3 consumatori su 4 (74%). Scendiamo al 68% in Canada, al 61% in Cina, al 37% in Russia e nel Regno Unito. E ancora: a livello planetario, dove gli Stati Uniti sembrano essere i meno virtuosi con circa 1403 grammi di cibo gettato ogni settimana, lo spreco del cibo é certamente il primo nemico della dieta mediterranea: nella hit dei cibi piu’ sprecati svetta la frutta fresca, con oltre 30 gr gettati a settimana un po’ a tutte le latitudini del pianeta. Ma in Russia è il pane l’alimento piu’ sprecato e in Cina la verdura fresca, alimenti base della piramide mediterranea. Dopo la frutta fresca i prodotti più sprecati sono l’insalata (in Italia 22 grammi, nel Regno Unito 36 e negli Stati Uniti 41) e la verdura fresca, dai 25 grammi settimanali in Spagna ai 38 del Canada.
Puntando lo sguardo sulle tipologie “sprecone” spicca certamente la categoria dei single in Italia, vera maglia nera del fenomeno con il 50% in piu’ di cibo sperperato – in particolare frutta e insalata – rispetto alle famiglie numerose, che anche in Cina e Stati Uniti risultano più virtuose. In Italia anche le famiglie senza figli risultano facili allo spreco della verdura fresca, in Spagna al contrario i single sembrano essere i più virtuosi, mentre a sprecare di più sono le famiglie numerose. Un dato in controtendenza rispetto agli altri Paesi. In Canada, Cina e Stati Uniti si spreca per aver acquistato troppo e in generale, in tutti i Paesi a prescindere dalle abitudini alimentari e dalle differenze culturali, uno dei motivi principali di spreco continua a essere la scarsa attenzione a quanto abbiamo già acquistato e stiamo conservando a casa. Semplicemente, ce ne dimentichiamo. Se i cinesi sono gli unici a prospettare soluzioni drastiche come la tassazione dello spreco alimentare, la richiesta di etichette più chiare e informative apposte sugli alimenti è considerata uno strumento importante dai cittadini di tutti i Paesi: 6 su 10 negli Stati Uniti e 8 su 10 in Italia, Russia e Canada. Così come tutti i cittadini chiedono ai governi di fornire maggiore informazione ai cittadini sulle conseguenze ambientali ed economiche dello spreco, a partire dalle scuole: l’Italia è una punta avanzata con l’86% di cittadini che chiedono l’educazione alimentare dai banchi di scuola.
5 FEBBRAIO 2022, 9^ GIORNATA NAZIONALE DI PREVENZIONE DELLO SPRECO ALIMENTARE
One health, one earth. Stop food waste è il tema della 9^ Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, in calendario domani, sabato 5 febbraio, anticipata dall’evento proposto oggi a Roma nello Spazio Europa, sede di Rappresentanza Permanente della Commissione Europea, per iniziativa della campagna Spreco Zero di Last Minute Market con il patrocinio della Commissione Europea, dei Ministeri della Transizione Ecologica e degli Affari Esteri, di RAI per il Sociale.
La Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare ricorre dal 2014 quando, su iniziativa del fondatore prof. Andrea Segrè, coordinatore Piano Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare (PINPAS) del Ministero dell’Ambiente, furono convocati gli Stati generali della filiera agroalimentare italiana. Dal 2014 ad oggi la Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare è stata inserita stabilmente nella Campagna Spreco Zero, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica italiana su una questione centrale del nostro tempo.
La registrazione del Forum è disponibile al link: https://www.youtube.com/watch?v=kXt6U0nUSpo