A cura di Claudia Giordano
Riproponiamo un articolo pubblicato sul blog della London School of Economics, a cura di Pat Caplan, professoressa di antropologia presso la Goldsmiths, University of London.
L’articolo racconta le ragioni per le quali si accede – sempre di più- agli aiuti alimentari offerti dalle caritas in Gran Bretagna. A differenza degli studi di tipo economico, che ci raccontano quante persone accedono ai servizi di donazione del cibo, o a quante tonnellate di cibo ammontano le donazioni, o a chi sono i principali donors- l’approccio antropologico consente di entrare nelle caritas e vivere assieme ai principali attori (donors e beneficiari), cercando di assimilarne il punto di vista per poterlo narrare il più fedelmente possibile.
Pat Caplan ha raccontato la storia di alcuni attori chiave, principalmente beneficiari ma anche direttori di food banks, per conoscere e narrare il fenomeno così come vissuto dall’interno. La sua sintesi è che accede alle food banks non solo chi non possiede stabilmente mezzi per l’auto-sussitenza, ma anche chi si ritrova in un momento di transizione e attende che i sussidi previsti per la sua condizione (ad esempio, malattia o disoccupazione) vengano erogati. Spesso, infatti, le domande per accedere ai sussidi in UK sono complesse e tortuose [suggeriamo, a tal proposito, il film “Io, Daniel Blake”, che ha scatenato anche un intenso dibattito parlamentare sullo stato dell’arte del sistema di welfare britannico]. La difficoltà di accesso agli strumenti economici previsti dal welfare lasciano i richiedenti senza sostegno per settimane o mesi, momento in cui questi ultimi si affidano alle food banks.
Uno dei casi riportati da Pat Caplan è di una donna che ha perso il lavoro a causa di una crisi depressiva, scatenata dalla separazione con il suo compagno e padre dei suoi tre figli. L’intervistata racconta che nel periodo in cui era impossibilitata a lavorare, aveva fatto richiesta dei sussidi previsti [in Italia, corrisponderebbe all’indennità di malattia], ma aveva commesso un errore nella compilazione. Nel periodo in cui il sussidio non è stato erogato a causa dell’errore, la donna ha usufruito dell’aiuto delle food banks.
Un manager di una food bank nel Galles, invece, racconta che l’anno precedente la sua banca alimentare aveva distributo 1300 pacchi, di cui circa mille distribuiti a persone diverse. In altri termini, racconta l’intervistato, la banca alimentare che lui gestisce sfama circa 1000 persone in un paesino di 5000 abitanti. Il 60% dei suoi utenti sono persone che hanno subito una modifica nel piano di assistenza o che hanno perso i sussidi.
A livello teorico, argomenta Pat Caplan, l’attività delle food banks può essere descritta come una tipica “win-win situation”: l’eccesso di produzione alimentare viene dirottato a chi è in stato di bisogno. Eppure, aggiunge, il rivolgersi alle food bank del tutto gratuitamente- senza poter offrire nulla in cambio- rimarca una situazione di asimmetria nello status di chi riceve, rispetto al resto della società e al donatore, che rischia di creare sentimenti di vergogna e inadeguatezza dovuti all’idea, anche alimentata dai media, di essere fallito o “parassita”.
L’articolo è propedeutico ad una memorial lecture che Pat Caplan terrà il a Londra 24 Maggio 2017, dal titolo “Gifts, entitlements, benefits and surplus: interrogating food poverty and food aid in the UK”. Maggiori info QUI
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