14 anni fa la Dieta Mediterranea diventava patrimonio UNESCO. È nata in italia, dove l’ha “scoperta” negli anni ’60 Ancel Keys, ma i giovani oggi non sembrano averla come stile alimentare di riferimento … Lo dicono i dati della nuova indagine dell’Osservatorio Waste Watcher International.
Ha da poco festeggiato i 14 anni di riconoscimento quale patrimonio culturale da parte dell’UNESCO la Dieta Mediterranea: dieta, beninteso, non solo come una lista di alimenti o una tabella nutrizionale, «ma –dichiarava l’UNESCO nel 2010 – come uno stile di vita che include una serie di competenze, conoscenze, rituali, simboli e tradizioni legati alla coltivazione, alla raccolta, alla pesca, all’allevamento, alla conservazione, alla cucina e soprattutto alla condivisione e al consumo di cibo. La cultura dell’ospitalità, del vicinato, del dialogo interculturale e della creatività si coniugano con il rispetto del territorio e della biodiversità, creando un forte senso di identità culturale e di continuità delle comunità nel bacino Mediterraneo». È il Cilento, in Italia, l’emblema di questa tradizione, il luogo simbolo dello stile di vita patrimonio dell’umanità, dove lo studioso americano Ancel Keys, negli anni ’60, teorizzò i suoi studi sul mangiar sano all’italiana salvaguardando l’ecosistema”. Per questo l’UNESCO ha invitato il mondo a seguire una pratica sociale fondata sul rispetto della salute dell’uomo e dell’ambiente, del paesaggio, dei territori.
Quattordici anni dopo, cosa è rimasto, in Italia, di questa tradizione distintiva per il nostro Paese? Oggi i giovani non solo faticano a praticare la Dieta Mediterranea: spesso neppure la riconoscono, come testimonia la nuova indagine dell’Osservatorio Waste Watcher International “La Dieta Mediterranea in Italia: un’eredità di cui riappropriarsi”. Sembra effettivamente che nel nostro Paese non sia questo il modello nutrizionale di riferimento per le nuove generazioni. Solo il 23% dei giovani tra i 18 e i 24 anni – quasi uno su 4 – si allinea a questo stile alimentare, definendola però, imprecisamente, “un regime alimentare che prevede un consumo elevato di carne, pesce e latticini, con un ridotto apporto di carboidrati”.
Ma quali sono le ragioni di resistenza all’adozione della Dieta Mediterranea? Le principali barriere sono i costi elevati dei cibi freschi (42%) e la mancanza di tempo per predisporre i piatti (27%), indicazioni che salgono in modo significativo fra i giovani: è troppo costosa per il 50% dei 18-24enni e fa perdere troppo tempo per il 38% dei giovani. Ma ricerche condotte dal team Waste Watcher sul costo della spesa dimostrano che Il carrello settimanale della dieta mediterraneo costa ben 7,28 € in meno rispetto al carrello della dieta seguita degli italiani (46,27 euro vs. 53,55 euro). E in generale gli ingredienti freschi, come frutta e verdura di stagione, cereali, legumi e olio d’oliva, sono spesso più economici rispetto ai prodotti più elaborati. Mentre l’aspetto delle abitudini alimentari consolidate, che riguarda 1 italiano su 4 (il 26% degli intervistati) rappresenta un ostacolo sia per i più giovani sia per gli anziani, indicando una resistenza al cambiamento su entrambi i fronti generazionali.