Rileggiamo nel nuovo anno i dati più significativi sullo spreco del cibo nei Paesi che hanno dato vita al G7 lo scorso settembre.
Nel 2024 lo spreco di prodotti alimentari in Italia è cresciuto del 45,6%:secondo il Rapporto Internazionale Waste Watcher 2024, “Lo spreco alimentare nei Paesi del G7: dall’analisi all’azione”, diffuso il 29 settembre, Giornata internaizionale della Consapevolezza delle perdite e degli sprechi alientari istituita dalle Nazioni Unite. In altre parole significa che ogni settimana sono finiti nel bidone della spazzatura ben 683,3 grammi di cibo pro-capite (rispetto ai 469,4 grammi rilevati nell’agosto 2023). Nella top five dei cibi più sprecati troviamo la frutta fresca (27,1 g), le verdure (24,6 g), il pane fresco (24,1 g), le insalate (22,3 g), cipolle/aglio/tuberi (20 g). Vale a dire i prodotti principe della Dieta Mediterranea. Un dato che non solo indica una cattiva gestione della spesa familiare con i relativi sprechi economici, ma che evidenzia come se da un lato si è registrato un relativo incremento dei consumi alimentari, dall’altro la domanda si è concentrata su alimenti di qualità inferiore con un campanello d’allarme sulla qualità dei prodotti ortofrutticoli, influenzata dalle logiche low cost. Il 42% delle risposte individua la causa dello spreco familiare nel fatto di dover buttare la frutta e la verdura conservata nelle celle frigo perché una volta portata a casa va subito a male. O ancora il 37% sostiene di buttare via gli alimenti perché i cibi venduti sono già vecchi. Elementi critici si riscontrano anche nel comportamento dei consumatori. Più di un terzo degli italiani (37%) dimenticano gli alimenti in frigorifero e nella dispensa lasciando che si deteriorino, solo il 23% è disposto a programmare i pasti settimanali, inoltre il 75% non è disposto o non è capace di rielaborare gli avanzi in modo creativo per evitare di gettarli.
La soluzione ‘fai da te’. Negli Stati Uniti la scarsa fiducia nella situazione economica del Paese ha indotto i consumatori a prestare maggiore attenzione ai costi connessi allo spreco alimentare e di conseguenza a mettere in campo azioni individuali di contrasto allo spreco. L’82% degli americani dichiara di fare la lista della spesa. In Giappone lo spreco di frutta e verdura è particolarmente basso soprattutto a causa del costo eccezionalmente elevato. In questo paese si coltivano soltanto frutta e verdura di alta qualità anche perché questi prodotti sono ancora considerati beni di lusso da regalare durante ricorrenze speciali.
Non si butta nulla (o quasi) in Francia con miglioramenti significativi nella riduzione dello spreco alimentare inferiore a quello italiano (459,9 g contro 469,4 g nel 2023). Dal punto di vista delle iniziative private le rilevazioni mostrano particolare attenzione a consumare tutto il cibo cucinato, anche quando è troppo (87%) e a mangiare tutti gli avanzi (88%). Coinvolgere tutti gli attori. Il Regno Unito è storicamente uno dei Paesi dove l’attenzione privata e pubblica verso il problema degli sprechi alimentari è maggiore. WRAP e altre organizzazioni hanno promosso azioni sia per stimolare le famiglie sia per coinvolgere le imprese; oltre il 45% delle famiglie inglesi fa ricorso alla lista della spesa come strategia di acquisto mostrando propensione alla pianificazione. Parola d’ordine: organizzazione. Nel 2023 la Germania aveva il più alto livello di spreco alimentare dell’Eurozona (512,9 g/settimana) ma allo stesso tempo anche la riduzione più marcata (-43%). Un aspetto rilevante in questa riduzione è stata la tendenza all’organizzazione delle famiglie tedesche per dispensa e freezer (79%), sapere esattamente cosa c’è nella dispensa (83%) e valutare attentamente quanto cucinare (78%).. Incentivi (ed educazione). Il Canada, dal 2021, si sta impegnando nella prevenzione allo
spreco alimentare, ad esempio con l’implementazione di una strategia nazionale su questo tema, con finanziamenti per innovazioni e incentivi fiscali che hanno aumentato le donazioni di cibo in eccedenza. Inoltre molte organizzazioni si sono attivate per lavorare con produttori e distributori per limitare gli eccessi produttivi e con i consumatori per promuovere iniziative di educazione alimentare finalizzate a stimolare una migliore pianificazione e migliorare la comprensione delle etichette fronte pacco.